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NO ALL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA.

L’associazione culturale Unicorno-l’AltrascuolA aderisce all’appello promosso da Pino Aprile (giornalista e scrittore, Presidente onorario dell’Intergruppo Parlamentare per il Sud, le aree interne e le piccole isole), Stefano d’Errico (Segretario nazionale dell’Unicobas Scuola & Università), Cobas Sardegna per un grande sciopero unitario contro la regionalizzazione della scuola.

A Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua, Snals, Cobas Scuola, Cobas Sardegna, Gilda, Anief, nonché a tutte le altre OOSS del settore

No all’Autonomia Differenziata che frammenta e spezza l’Italia, perché:

1 – esalta le disuguaglianze fra Nord e Sud, che sono già le più profonde e durature del mondo, all’interno di uno stesso Paese;

2 – frammenta la formazione scolastica, legando l’offerta nazionale dell’istruzione obbligatoria non al diritto di cittadinanza, ma alla ricchezza dei territori, favorendo così i più ricchi. Con l’attuale situazione di sfacelo generale degli istituti, per il 90% non in regola neanche con le norme su igiene e sicurezza (il cui rispetto grava proprio sugli enti locali), cosa potrebbero più garantire le regioni più povere, prive di mense e laboratori e nelle quali spesso non è mai partito il tempo pieno? Le Università del Sud rischierebbero di chiudere e le scuole (già piene di problemi) diventerebbero un cronicario didattico. L’alternanza scuola-lavoro, intesa come mero apprendistato aziendalista, ne uscirebbe dovunque rafforzata ed ulteriormente distorta. L’attuale (assai compromesso) assetto costituzionale prevede che, qualora le regioni lo chiedano, resti allo Stato solo l’indicazione degli indirizzi generali sull’istruzione, aprendo un varco a velleità più vicine al localismo prepotente che al federalismo.

Il mondo dell’istruzione pare infine destinato a fare da apripista, incardinando per la prima volta la regionalizzazione del personale (cosa mai successa prima in nessun altro settore): questo governo aprirà così la strada alle gabbie salariali con contratti regionali anche per la sanità, i trasporti rimasti allo stato ed i servizi, chiudendo in un ghetto retributivo il Meridione. Per quanti passeranno dallo stato alle regioni è pronto lo stesso tiro mancino che subì in ogni parte del Paese quella parte di personale non docente statalizzata nel 2000 provenendo dagli Enti Locali, con l’annullamento dell’anzianità e l’eliminazione per loro (ma non per i colleghi dello stato) dei “gradoni”, non presenti nel Ccnl degli Enti Locali. Venne azzerata loro l’anzianità di servizio, con un danno fortissimo su stipendi e pensioni. Ricordiamo che questi 70mila lavoratori della scuola che, a parità di mansioni ed orario percepiscono oggi uno stipendio ridotto rispetto ai loro colleghi o sono andati in pensione dopo 42 anni di contributi anche con pensioni da 1000 euro, attendono ancora giustizia nonostante undici sentenze favorevoli della Suprema Corte Europea. Oggi, in caso di una regionalizzazione dei contratti, potrebbe avvenire l’opposto, con lo scomputo degli anni di servizio maturati nello stato ed analoghe disparità;

3 – trasforma i diritti costituzionali in merci che alcuni potranno “acquistare” e altri no;

4 – mira a far esplodere la differenza di dotazione di infrastrutture (strade, scuole, ospedali…), anche con la ventilata pretesa di trasformarne la proprietà da statale a regionale, in modo che quello che è di tutti gli italiani, perché pagato da tutti, andrebbe a incrementare il patrimonio pubblico solo di alcuni, che si ritroverebbero così ancora più ricchi, impoverendo gli altri;

5 – sottrae risorse allo Stato, consentendo alle Regioni di trattenere una percentuale forte delle tasse nazionali per finanziare competenze delegate dall’Amministrazione centrale. Ma, subdolamente, in tal modo si avrebbe un trasferimento di fondi pubblici proporzionato alla ricchezza dei territori e non al costo dei servizi, quindi chi già ha di più riceverebbe ancora di più e chi ha meno, ancora meno, generando tensioni il cui sviluppo è imprevedibile;

6 – dal momento che l’Autonomia differenziata, ovvero il passaggio di competenze dai ministeri alle Regioni deve avvenire, per legge, a invarianza di bilancio, se alcune Regioni riescono a sottrarre più risorse, per le altre non può che restare poco o niente e lo Stato centrale potrebbe avere difficoltà a far fronte ai suoi compiti (a meno di non voler regionalizzare, per dire, anche le Forze Armate, la Diplomazia, eccetera);

7 – l’Autonomia Differenziata non può prescindere dai Livelli essenziali delle prestazioni, Lep, ovvero i servizi da fornire al cittadino. Come impone persino la scellerata riforma del Titolo V della Costituzione, del 2001. Ma i Lep (quali, quanti, quanto costano, ci sono i soldi?) non sono stati definiti in 23 anni, poi lo si è fatto in pochi giorni semplicemente fotografando l’esistente (con le lacune che questo comporta); per finanziarli servirebbero non meno di cento miliardi che per di più il governo vorrebbe distogliere da quelli già destinati al Mezzogiorno; ma anche se i Lep fossero definiti e finanziati, per la messa a regime ci vorrebbero decenni. Se l’Autonomia Differenziata partisse, nessuno potrebbe garantire la realizzazione dei Lep;

8 – ci sono almeno una decina di pesanti violazioni dei principi costituzionali nel disegno di legge Calderoli per l’AD e il ruolo del Parlamento viene azzerato. Tutto verrebbe deciso unicamente dal governo e dalle regioni interessate.

Appello promosso da:

Pino Aprile (giornalista e scrittore, Presidente onorario dell’Intergruppo Parlamentare per il Sud, le aree interne e le piccole isole)

Stefano d’Errico (Segretario nazionale dell’Unicobas Scuola & Università)

Cobas Sardegna

6 Febbraio 2024: Cinquantaquattro sindaci del Mezzogiorno si uniscono all’appello dello scrittore Pino Aprile, Presidente onorario dell’Intergruppo Parlamentare Sud e dei sindacati di base. Chiedono a tutti i restanti sindacati dell’istruzione l’organizzazione di uno sciopero generale unitario della scuola contro l’autonomia differenziata, in una data da decidersi in comune. Tra i sindaci che hanno dato la loro adesione anche Mosè Antonio Troiano, sindaco di San Paolo Albanese, nominato vicepresidente dell’Associazione dei Sindaci del Sud Recovery Italia insieme a Nicola Fiorita, sindaco di Catanzaro, Vito Fusco, sindaco di Castelpoto, Maria Grazia Brandara, sindaca di Naro e Giovanna Bruno, sindaca di Andria. Quindi sono rappresentate tutte le regioni del Sud. L’associazione Sud Recovery ha deciso anche di aderire alla manifestazione nazionale davanti al Ministero della Coesione indetta dal presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca.

Nell’ordine:

Gennaro Capparelli, sindaco di Acquaformosa (CS)
Maria Grazia Brandara, sindaca di Naro (AG)
Simona Colotta, sindaca di Oriolo (CS)
Domenico Vuodo, sindaco di Alessandria del Carretto (CS)
Alessandro Tocci, sindaco di Civita (CS)
Rosaria Capparelli, sindaca di San Benedetto Ullano (CS)
Lucia Nicoletti, sindaco Santo Stefano di Rogliano (CS)
Raffaele Pane, sindaco di Scigliano (CS)
Antonio Iorio, sindaco di Tortora (CS)
Mosè Antonio Troiano, sindaco di San Paolo Albanese (PZ)
Giovanni Galli, sindaco di Salcito (CB)
Alfredo Lucchesi, sindaco di Santa Domenica Talao (CS)
Agostino Chiarello, sindaco di Campana (CS)
Francesco Silvestri, sindaco di Verbicaro (CS)
Riccardo Gullo, sindaco di Lipari (ME)
Pietro Caracciolo, sindaco di Montalto Uffugo (CS)
Francesco Tursi, sindaco di Plataci (CS)
Michele Chiodo, sindaco di Soveria Mannelli (CZ)
Vincenzo Nania, sindaco di Sorbo San Basile (CZ)
Francesco Severino, sindaco di Santa Caterina dello Ionio (CZ)
Pasquale Fera, sindaco di San Nicola da Crissa (VV)
Francesco Miglio, sindaco di San Severo (FG)
Giovanna Bruno, sindaca di Andria (BT)
Giuseppe D’Onofrio, sindaco di Serracapriola (FG)
Raffaele Falbo, sindaco di Melissa (KR)
Maria Grazia Vittimberga, sindaca di Isola Capo Rizzuto (KR)
Angelantonio Angarano, sindaco di Bisceglie (BT)
Luigi Sarnataro, sindaco di Mugnano di Napoli (NA)
Francesco Fazio, sindaco di Fabrizia (VV)
Mimmo Lo Polito, sindaco di Castrovillari (CS)
Francesco Cacciatore, sindaco di Santo Stefano Quisquina (AG)
Antonio Vella, sindaco di Monteverde (AV)
Massimo Chiarella, sindaco di Gimigliano (CZ)
Raffaele Mirenzi, sindaco di Pentone (CZ)
Francesco Scalfaro, sindaco di Cortale (CZ)
Luca Papaianni, sindaco di Paterno Calabro (CS)
Sebastiano Tarantino, sindaco di Taverna (CZ)
Francesco Silvestri, sindaco di Verbicaro (CS)
Gabriele Corrado, sindaco di Dasá (VV)
Vincenzo De Marco, sindaco di San Sosti (CS)
Antonio Pomillo, sindaco di Vaccarizzo Albanese (CS)
Pasquale Iacovella, sindaco di Casalduni (BN)
Gianni Papasso, sindaco di Cassano allo Ionio (CS) Pino Capalbo, sindaco di Acri (CS) Rosanna Mazzia, sindaca di Roseto Capospulico (CS)

Rossella Baldassarre, sindaca di San Chirico Nuovo (PZ)

Luca Lopomo, sindaco di Crispiano (TA)

Renzo Russo, sindaco di Saracena (CS)

Giuseppe Notartomaso, sindaco di Campodipietra (CB)

Francesco Durante, sindaco di Castelsilano (KR)

Davide Del Re, sindaco di Cassano delle Murge (BA)

Giovanni Pirillo, sindaco di Longobucco (CS)

Vito Fusco, sindaco di Castelpoto (BN)

Nicola Fiorita, sindaco di Catanzaro

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